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Agroalimentare, De Molli: su dazi allarmismo esagerato per chiedere aiuti

AttualitàAgroalimentare, De Molli: su dazi allarmismo esagerato per chiedere aiuti

Milano, 15 apr. (askanews) – Di fronte alla minaccia dei dazi Usa da parte delle aziende dell’agroalimentare “c’è un allarmismo esagerato con l’obiettivo di chiedere sovvenzioni o aiuti”. Ne è convinto Valerio De Molli, managing partner e Ceo di Teha in occasione della presentazione della nona edizione del Forum “La Roadmap del futuro per il food & beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni” previsto a Bormio il 6 e 7 giugno prossimi.

De Molli, che parafrasa Einstein dicendo che “se vuoi rimanere ottimista devi concentrarti sulle soluzioni, non sui problemi”, sottolinea che quello dei dazi è un problema che “hanno tutti, quindi non è che punisce nello specifico il made in Italy, anzi se guardiamo bene in dettaglio i numeri può anche succedere che guadagniamo quote di mercato. La Francia ce li ha identici a noi e noi competiamo molto con la Francia, la Cina e il Giappone ce li hanno peggio di noi e su alcuni ambiti di produzione competiamo molto anche con loro. Quindi possiamo anche guadagnare quota di mercato e ulteriormente crescere se guardiamo dal lato positivo della medaglia”. Ovvio, riconosce, “nel brevissimo si possono creare delle situazioni di inquietudine, di preoccupazione, di incertezza che creano un rallentamento. Nel medio periodo invece bisogna che le cose si assestino”. Soprattutto l’auspicio è che “dazi sì o dazi no purché ci sia chiarezza definitiva perché una volta che tutto è chiaro ognuno fa le proprie strategie e imposta un proprio percorso di sviluppo”.

Per De Molli anche temere conseguenze indirette, come un possibile rafforzamento del fenomeno dell’italian sounding non è una grave preoccupazione: “Il problema dell’italian sounding già esiste. Ci sono circa 100 miliardi rubati a quello che potrebbe essere vero italiano. Quindi già esiste. Potrebbe accentuarsi per un 10% di incremento? Non credo. E si tratta di comunicare con chiarezza al consumatore. In molti casi il consumatore sa perfettamente che compra un parmesan e non il Parmigiano reggiano ma lo fa consapevolmente perché privilegia il prezzo. Quindi non è che tutto quello che scimmiotta l’Italia sia vero fatturato rubato alle nostre imprese, posto che noi non avremmo nemmeno i volumi per soddisfare tutta questa domanda. Quindi può darsi che aumenterà un po’ l’Italian sounding, ma nei riequilibri globali, non la reputo una grave preoccupazione”.

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