Nel film Non odiare, in concorso alla Settimana della critica nella prossima Mostra del cinema di Venezia, l’attore è un medico di origine ebraica che deve salvare un paziente…, Corre lungo l’argine di un fiume. Sente uno schianto, vendita sulla strada e raggiunge l’auto distrutta. Ferma emorragia alla gamba del guidatore, apre la camicia e scopre la grande svastica tatuata sul petto. Esita, poi toglie il laccio al ferito e lo lascia morire. Quel medico di origine ebrea, Alessandro Gassmann, dovrà fare i conti con la propria coscienza e con i figli della vittima, Sara Serraiocco e Luca Zunik, adolescente contagiato dalle idee neonaziste del padre. Senso di colpa, le cicatrici della storia e perdono sono i temi affrontati da Non odiare, opera prima di Mauro Mancini (prodotta da Mario Mazzarotto con Raicinema, in sala in primavera con Notorious Pictures), in concorso alla Settimana della critica nella prossima Mostra del cinema di Venezia: “Siamo partiti da un fatto vero”, dice il regista, “in Germania un medico si è rifiutato di compiere operazioni di routine dopo aver visto un simbolo nazista sul paziente. È stato sostituito da un collega ma, ci siamo chiesti, cosa sarebbe successo di fronte a un caso di vita o di morte? “. L’incontro con il protagonista del film è in una saletta a Testaccio. Gassmann, dolorante per un intervento al dente del giudizio, non ha voluto rimandare l’appuntamento. Tiene molto a questo film. “Ho 55 anni, ho iniziato a recitare che ne avevo 19. La mia vita è trascorsa invecchiando con i personaggi che, man mano, mi sono stati offerti. Magari perché gli autori erano distratti dalla popolarità di un bell’uomo che piace alle donne ed è spesso utilizzato dalla commedia – a volte bene, a volte malissimo – ma l’occasione di fare un personaggio come questo mi era capitato solo con Il bagno turco di Ferzan Ozpetek e con I nostri ragazzi di Ivano De Matteo. set pensavo: ‘Perché non, Continua a leggere su: La Repubblica
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