Ecco la relazione della Commissione Grandi Rischi che si riunì il 27 e 28 ottobre che il corriere della sera ha pubblicato in esclusiva e in anteprima.
La relazione evidenzia criticità legate al bradisismo e a una possibile eruzione freatica.
A questo link si legge che , il verbale di sintesi ufficiale della commissione Grandi rischi è composto da appena sei pagine, ma sufficienti a descrivere un quadro allarmante di ciò che sta davvero accadendo nel ventre dei Campi Flegrei. Il documento è in possesso del Corriere del Mezzogiorno.
A leggere per intero quelle pagine infatti si capisce come mai, dopo la due giorni di riunioni della Grandi rischi (26 e 27 ottobre scorsi), il ministro della Protezione civile Nello Musumeci si allarmò al punto da parlare apertamente della possibilità di innalzare il livello di sorveglianza da giallo ad arancione e di autorizzare la pubblicazione di un comunicato, in cui era scritta la sibillina frase «coinvolgimento del magma» nel processo di bradisismo. Ora tutto è più chiaro. Perché nonostante le rassicurazioni di facciata, i membri della commissione hanno dovuto prendere atto che il magma non solo è «coinvolto», ma che quasi certamente è risalito da un serbatoio a 7-8 km di profondità a un altro posizionato a 4 chilometri.
La risalita in superficie
Perciò gli studiosi della Grandi rischi non si sentono di escludere «una rapida progressione verso la risalita di magma in forma di “dicco” (corpi di lava longitudinali), che possa raggiungere la superficie». Il fenomeno dovrebbe poter essere rilevabile dalle reti di monitoraggio geodetico, cioè una rete che sfruttando i dati ricevuti dai satelliti consente di misurare le deformazioni del suolo, con un margine di errore inferiore a 1 centimetro. Ma qui c’è un problema di non poco conto. Argomenta la commissione: «Non appare chiara la capacità risolutiva spaziale e temporale delle reti in continuo Gnss, nel rilevare prontamente le fasi iniziali di tali dinamiche, laddove queste potrebbero essere associate alla generazione di segnali di piccola entità». Insomma, la rete potrebbe non farcela a captare quei tenui precursori di una eruzione. Dunque si suggerisce a Ingv-Ov di approfondire «in modo quantitativo» la capacità di cogliere l’eventuale risalita del magma soprattutto tra i 4 km di profondità e la superficie».
Il livello di allerta
Nelle conclusioni si chiarisce che il quadro complessivo sebbene non sia «di univoca interpretazione», suggerisce la preoccupazione che «i processi in atto possano evolvere ulteriormente anche in tempi brevi se confrontati con quelli previsti dalla pianificazione di emergenza vulcanica». Si scrive ancora di «nuove evidenze di possibile coinvolgimento del magma», laddove l’aggettivo «nuove» spiega ulteriormente i motivi dell’allarme. Di qui il suggerimento finale: intensificare le attività di monitoraggio e le attività di prevenzione della Protezione civile, preparandosi «all’eventuale necessità di passare rapidamente verso un livello di allerta superiore». E adesso si capisce bene il motivo di tanta ansia.
La risposta dei sindaci
«Siamo rammaricati – si legge sul corriere del mezzogiorno – e irritati perché non ci fa piacere apprendere dalla stampa il contenuto di un documento che a Roma ci hanno negato, ora vogliamo spiegazioni». Josi Della Ragione, primo cittadino di Bacoli, uno dei sindaci dell’Area flegrea e della zona rossa a rischio vulcanico, non nasconde il malumore. In mattinata ha avuto un lungo colloquio telefonico con il collega di Pozzuoli Gigi Manzoni. Telefoni roventi anche per Antonio Sabino di Quarto e Nicola Pirozzi di Giugliano.
La preoccupazione per le tesi del rapporto
I sindaci flegrei sono arrabbiati per quella che giudicano una «fuga di notizie». In particolare la pubblicazione integrale del rapporto della Commissione Grandi Rischi fatta ieri dal Corriere del Mezzogiorno che ha portato alla luce non solo la probabile risalita del magma a un serbatoio a 4 km di profondità, ma anche la preoccupazione degli studiosi secondo i quali la rete di sorveglianza dei Campi Flegrei (tra le più attrezzate al mondo) potrebbe non riuscire a rilevare «le fasi iniziali» di una risalita di magma verso la superficie. «Laddove – scrivono in commissione – queste potrebbero essere associate alla generazione di segnali di piccola entità».
Tra diplomazia e richieste di sisma-bonus
I primi cittadini dell’Area Flegrea stanno lavorando a un documento da inviare, quasi certamente, all’attenzione di Fabrizio Curcio, capo della Protezione civile per esprime rammarico per il fatto di non aver ricevuto per primi il documento. «Uno sgarbo istituzionale» lo considerano, che arriva «in un momento delicato proprio quando si devono approvare le misure per l’emergenza nell’Area Flegrea». Manzoni sceglie la diplomazia: «Mentre a livello scientifico — dice — si rincorrono notizie vere o presunte, la posizione dell’Osservatorio ci pare la più solida e quella più condivisa. La mia principale preoccupazione in questo momento riguarda la mancata approvazione dell’emendamento sul sisma-bonus, particolarmente importante per l’edilizia privata di Pozzuoli».
«Attendavamo qui i ministri della Cultura del vertice Unesco»
Da parte sua Della Ragione appare abbastanza allarmato dalle osservazioni della Commissione Grandi Rischi sulla rete di sorveglianza Ingv. «Ci hanno sempre detto che eravamo in una botte di ferro da questo punto di vista — dice il sindaco di Bacoli — e invece leggiamo dei rilievi della Commissione che chiede a Ingv-Ov di approfondire in modo quantitativo la capacità di cogliere la risalita del magma soprattutto tra i 4 km di profondità e la superficie». La preoccupazione dei primi cittadini è stata così notevole che hanno chiesto spiegazioni al telefono al direttore dell’Osservatorio vesuviano Mauro Di Vito. «Abbiamo ricevuto ampie rassicurazioni sulla efficienza della rete di sorveglianza — spiega ancora Della Ragione — a questo punto chiederemo risposte e precisi chiarimenti alla Protezione civile. E poi il ministro della cultura promise pubblicamente che avrebbe portato i ministri della cultura di tutta europa nei Campi Flegrei in occasione dell evento Unesco. Li attendiamo, con l’auspicio che vengano davvero. Ne abbiamo enorme bisogno soprattutto in questa fase di incertezze».
L’Ingv: risale il vapore o anche il magma?
Ieri intanto Ingv ha gettato acqua sul fuoco, chiarendo che la risalita del magma dal serbatoio di profondità (7-8 km) a quello di 4 km «è soltanto una ipotesi alla quale si lavora con ulteriori ricerche». Il documento della Grandi Rischi non esclude affatto inclusioni di magma dalle profondità. Giovanni Macedonio, geofisico di Ingv, prova a dipanare la matassa fatta di modelli e interpretazioni scientifiche: «Risale il vapore o anche il magma? Quello che avviene tra 4 e 8 km di profondità non è facile da verificare — spiega — perciò su indicazioni della Grandi Rischi è in atto uno studio ulteriore per localizzare meglio eventuali intrusioni di magma che risalgono». Secondo Macedonio però l’aspetto più importante riguarda «un’eventuale risalita del magma sopra i 4 chilometri». Qui rientra in gioco la rete di sorveglianza multiparametrica, richiamata dal verbale della Commissione. Nel paragrafo intitolato «Considerazioni sull’efficienza del sistema di monitoraggio», gli studiosi annotano che «alla luce della recente evoluzione del processo bradisismico e del possibile/probabile coinvolgimento del magma nel sollevamento, la commissione rileva che non può essere esclusa una rapida progressione verso la risalita del magma in forma di dicco (una sezione di magma longitudinale che risale attraverso le fessurazioni delle rocce, ndr) che possa raggiungere la superficie».
«Effettuare test sulle reti»
Un fenomeno che dovrebbe essere rilevabile dalle reti di monitoraggio geodetico (Rete Gps, rete Tiltmetrica, rete Mareografica e campagne di misura periodiche; rete Altimetrica, rete Gravimetrica, Interferometria Sar). Tuttavia — scrive la commissione Grandi Rischi — da quanto emerso dalle presentazioni, non appare chiara la capacità risolutiva temporale e spaziale delle reti in continuo Gnss, clinometrica, dilatometrica e gravimetrica nel rilevare prontamente le fasi iniziali di tali dinamiche, laddove queste potrebbero essere associate alla generazione di segnali di piccola entità». Da qui l’invito a Ingv-Ov a effettuare «test sintetici e simulazioni» per comprendere la risposta delle singole reti e della loro combinazione e integrazione. Va ricordato che il sistema di sorveglianza multiparametrico dispone di 75 stazioni sismiche, 43 stazioni Gps satellitari, 25 stazioni Tiltmetriche, 9 stazioni a mare, 4 stazioni dilatometriche 91 gravimetriche, 970 capisaldi di rete altimetrica.