Sab 15 Marzo 2025
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Brescia, intervento di sterilizzazione non riuscito. Ospedale condannato a mantenere il figlio “inatteso” fino ai 25 anni

Notizie dal webBrescia, intervento di sterilizzazione non riuscito. Ospedale condannato a mantenere il figlio "inatteso" fino ai 25 anni

Dopo cinque anni di battaglie legali i genitori sono riusciti a ottenere la sentenza. La somma, un totale di 90 mila euro, come riconoscimento da parte del tribunale della “lesione…, BRESCIA – Di figli ne avevano avuti già tre e con loro il progetto di vita matrimoniale e genitoriale che avevano condiviso sposandosi poteva ritenersi coronato. Alla natura, però, non si comanda e per evitare di aggiungere un altro fiocco in casa avevano deciso di chiedere aiuto alla medicina. A porre un freno a ulteriori gravidanze sarebbe stata una sterilizzazione tubarica. Quando si sottopose all’intervento, nel 2011, lei aveva 39 anni: una scelta dolorosa, certo, ma ponderata e dettata dal bisogno di tutelare la sua e la loro serenità familiare. Poco più di due anni dopo, però, il quarto figlio era arrivato lo stesso: una femminuccia. Sana, bella e amata come i fratelli, ma indesiderata. Perché in sei, conti alla mano, non sarebbe più stata la stessa cosa. E allora, visto che lo sbaglio era stato dei medici, a sostenere i costi della crescita della loro quartogenita sarà l’ospedale. A stabilirlo, dopo cinque anni di battaglie legali, è stato il giudice civile del tribunale di Brescia, Elisabetta Arrigoni, con la sentenza che in questi giorni ha condannato l’Azienda ospedaliera Spedali Civili di Brescia a pagare alla coppia i danni patrimoniali patiti per il “fallimento dell’intervento”, correlando il risarcimento alle spese di mantenimento della figlia fino al compimento del 25 ° anno d’età. Per un totale che, ritenuto congruo l’importo di 300 euro al mese, è stato calcolato in complessivi 90 mila euro. La mamma ha inoltre ottenuto l’ulteriore somma di 1.513 euro, un titolo di risarcimento del danno subito per la diastasi dei muscoli della parete addominale. Assistiti dall’avvocato Paolo Persello, del foro di Udine, i coniugi bresciani, di 50 e 48 anni, entrambi a loro volta impiegati in ambito sanitario, hanno visto riconosciuto dal tribunale la “lesione al loro diritto di autodeterminazione nella scelta di non procreare” . E cioè la, Continua a leggere su: La Repubblica

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