Ven 24 Ottobre 2025
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Cina, la sfida del XV Piano quinquennale: una nuova Guerra fredda?

AttualitàCina, la sfida del XV Piano quinquennale: una nuova Guerra fredda?

Roma, 22 ott. (askanews) – La leadership cinese discute le traiettorie del quindicesimo piano quinquennale, il programma di sviluppo nazionale che orienterà le politiche di Pechino fino al 2030. Ma, secondo molti osservatori, le sfide che gli uomini di Xi Jinping affrontano oggi richiamano da vicino quelle degli anni Cinquanta: controlli alle esportazioni, accesso limitato alla tecnologia e un contesto di sicurezza internazionale sempre più complesso.

Lunedì il Partito comunista cinese ha inaugurato la quarta sessione plenaria del Comitato centrale, un vertice di quattro giorni destinato a delineare le priorità del prossimo piano quinquennale (2026-2030), considerato cruciale per consolidare la posizione del Paese nella competizione strategica con gli Stati uniti. Nello stesso giorno, l’agenzia Xinhua ha ricordato come negli ultimi cinque anni la Cina abbia “affrontato tempeste e sfide forgiando nuovi percorsi”.

L’attuale scenario geopolitico mondiale, segnato dal confronto tra Washington e Pechino, richiama quello della Guerra fredda, con il duello Usa-Urss sostituito da una rivalità economica e strategica sempre più marcata tra Stati uniti e Cina. Quando Pechino lanciò il suo primo piano quinquennale, nel 1953, lo fece sotto sanzioni statunitensi imposte durante la guerra di Corea e in un contesto di isolamento internazionale. L’obiettivo, annunciato in un editoriale del quotidiano ufficiale Renmin Ribao, era trasformare la Cina da economia agricola arretrata in potenza industriale, attraverso la pianificazione statale.

Oggi Pechino punta nuovamente all’autosufficienza tecnologica, in risposta ai tentativi di Washington di limitarne l’accesso ai settori strategici come semiconduttori e intelligenza artificiale. L’amministrazione del presidente Donald Trump ha intensificato le restrizioni e ipotizza ulteriori dazi, accentuando la pressione su Pechino.

Nel frattempo, le due potenze si descrivono a vicenda come sfide fondamentali all’ordine internazionale, in un quadro che ricorda l’opposizione sistemica tra blocco occidentale e blocco sovietico nel secolo scorso. Gli Stati uniti hanno rafforzato il coordinamento con gli alleati dell’area Asia-Pacifico, in un clima di crescente preoccupazione per il rischio di un conflitto diretto.

Negli anni successivi alla fondazione della Repubblica popolare nel 1949, la Cina affrontò una grave crisi economica e sociale, aggravata dalle sanzioni americane che ne ostacolavano la ripresa. Washington rifiutò di riconoscere il nuovo governo, mantenendo i rapporti diplomatici con il regime di Chiang Kai-shek a Taiwan e imponendo un embargo commerciale che costrinse gli alleati a interrompere i rapporti con Pechino. Dopo lo scoppio della guerra di Corea, il blocco americano divenne totale, includendo congelamento dei beni e embargo commerciale.

Oggi, nel nuovo ciclo di tensioni, la seconda amministrazione Trump ha introdotto dazi su centinaia di miliardi di dollari di merci cinesi e ampliato le restrizioni sui settori tecnologico e della difesa.

Tra i punti di attrito figurano chip, terre rare, prodotti agricoli e componenti strategici, con entrambe le parti impegnate in una guerra commerciale a colpi di sanzioni reciproche.

Come negli anni Cinquanta, anche l’attuale alleanza occidentale mostra divisioni: mentre Washington spinge per controlli più severi sulle esportazioni verso la Cina, alcuni partner europei, tra cui Regno unito e Francia, esprimono riserve per timore di perdite economiche e di un ulteriore deterioramento dei rapporti con Pechino. Queste divergenze, osservano gli analisti, ricordano le prime crepe dell’alleanza atlantica durante la Guerra fredda.

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