DA ADDIS ABEBA (ETIOPIA) A FREETOWN (SIERRA LEONE) – Pausa stretching per Charles nel vano accanto alla toilette. “Questo viaggio non finisce mai” borbotta questo funzionario ugandese, aggiustandosi la giacca a scacchi dopo i piegamenti. E pensare che il viaggio non deve neanche farlo tutto: siamo partiti insieme ad Addis Abeba, in Etiopia, ma lui si ferma prima, allo scalo di Monrovia, in Liberia. “Ho un incontro dell’African Transport Association con delegati che arrivano da tutto il continente” presentandosi ci ha spiegato: “Discuteremo di infrastrutture, di come abbreviare i tempi di percorrenza e di come creare più opportunità, anche economiche e lavorative”. Charles, che di cognome fa Ruzygye, lavora al ministero e per prendere la coincidenza da Addis è decollato alle 2.40 del mattino. Seduta al suo fianco c’è Caty, sudafricana, consulente della Banca mondiale su temi ambientali: sta andando in missione nelle foreste della Liberia per due settimane. Si fanno stretching e chiacchiere in volo, a bordo di un Boeing 787-8 della Ethiopian Airlines: nove ore per tagliare a metà il continente, 5.897 chilometri da est a ovest, lungo un parallelo che dall’acrocoro dove nasce il Nilo azzurro porta a Freetown, la capitale della Sierra Leone, fondata in riva all’Atlantico dagli schiavi liberati reduci dalla guerra d’indipendenza americana, combattuta al fianco degli inglesi”.
SI ATTRAVERSANO BEN 13 PAESI AFRICANI
La tratta è stata inaugurata nel 2024, con la promessa, ha sottolineato il ceo della Ethiopian, Mesfin Tasew, di creare “opportunità di turismo, commercio e investimenti, in uno spirito di cooperazione e partnership tra i Paesi”. E di Paesi in effetti se ne attraversano ben 13: Etiopia, Sud Sudan, Sudan, Repubblica centrafricana, Ciad, Camerun, Nigeria, Benin, Togo, Ghana, Costa d’Avorio, Liberia, Sierra Leone. Ci si rende conto di quanto davvero sia grande l’Africa: con una superficie superiore a 30 milioni di chilometri quadrati, è il secondo continente al mondo per estensione. A ricordarlo è anche un movimento civile e politico che ha preso forza nelle ultime settimane, avviando una campagna internazionale: contesta le carte geografiche, accusate di non dire la verità. Il punto è che alle pareti delle aule scolastiche, in Europa e non solo, sono appese mappe che distorcono Paesi e continenti raccontando una realtà alternativa: a fini politici, dalla parte delle ex potenze coloniali, che si ritrovano al centro del mondo, più grandi degli altri, come a giustificare una presunta superiorità. La notizia è che l’Africa se n’è accorta ed è pronta a muoversi politicamente, su un piano ufficiale. Il planisfero contestato è quello ideato nel XVI secolo da Gerardo Mercatore, geografo fiammingo di origini tedesche. Concepito per agevolare il tracciamento delle rotte marittime e adottato nelle scuole anche perché paralleli e meridiani sono linee rette, ingrandisce l’Europa e le regioni prossime ai poli rimpicciolendo al contempo le zone tropicali e più vicine all’equatore: al punto che l’Africa appare della stessa dimensione della Groenlandia.
GROENLANDIA E AFRICA, CONTI ALLA MANO
Non è una questione di numeri decimali. Facciamo i conti: la superficie dell’isola artica è di circa 2 milioni e 160mila chilometri quadrati, un quattordicesimo di quella dell’Africa. E lasciamo da parte la popolazione, che sui planisferi non è rappresentata: se lo fosse, i 57mila abitanti della Groenlandia varrebbero come un miliardo e mezzo di africani, con un rapporto di uno a 25mila. Ora a supportare la campagna su un piano politico è l’Unione Africana (Ua). L’organismo, che ha sede ad Addis Abeba e conta 55 Stati membri, ha annunciato l’avvio di una campagna diplomatica, presso le Nazioni Unite e altri organismi multilaterali come la Banca mondiale. “Sembra si tratti solo di un planisfero ma in realtà non è così” ha sottolineato la vicepresidente della Commissione dell’Ua Selma Malika Haddadi, denunciando una distorsione culturale e politica. Nella sua prospettiva il modello cartografico da adottare è la “Equal Earth”, una proiezione pseudo-cilindrica ideata nel 2018 da Bojan Šavrič, Bernhard Jenny e Tom Patterson che ha il vantaggio di mantenere le proporzioni reali delle superfici.
LA PETIZIONE “CORRECT THE MAP” PUNTA A “CORREGGERE” LE DISTORSIONI
C’è poi la società civile. Online si trova la petizione “Correct the Map”, un’iniziativa promossa da Africa No Filter e Speak Up Africa, realtà impegnate sul piano della comunicazione e della sensibilizzazione pubblica. L’obiettivo è spingere governi, scuole e organizzazioni internazionali a “correggere” le distorsioni, adottando rappresentazioni geografiche rispondenti alla realtà. “Da oltre 450 anni, la nostra comprensione dell’Africa e del mondo si basa su una mappa sbagliata” si legge su un sito dedicato della campagna. “Nella realtà si potrebbero inserire gli Stati Uniti, la Cina, l’India, il Giappone, il Messico e gran parte dell’Europa all’interno dell’Africa, e resterebbe ancora spazio libero”. Secondo Moky Makura, di Africa No Filter, quella delle mappe è “la più antica campagna di disinformazione al mondo, iniziata nel 1569”. L’attivista evidenzia che “la mappa di Mercatore non si limita a falsare le dimensioni del Sud globale” perché in gioco ci sono “il potere e la percezione”. La campagna nasce da qui. “Oggi”, sottolinea Makura, “ci rivolgiamo a tutti i produttori di mappe, strumenti educativi, piattaforme tecnologiche e software di design, con la richiesta di integrare “Equal Earth” in libri di testo, modelli, presentazioni e risorse didattiche”. Secondo l’attivista, “se questa proiezione diventasse la scelta predefinita in programmi come PowerPoint, Maps, Slides e Canva o negli atlanti scolastici come il Collins World Atlas, allora insegnanti, studenti, giornalisti e decisori politici in tutto il mondo potrebbero adottarla facilmente”. Intanto, siamo atterrati a Freetown. Per arrivare dall’aeroporto alla penisola dove sorge la città prendiamo il battello: il viaggio continua per un’altra ora, tra gli schizzi dell’Atlantico.
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