Il nuovo ponte è al completo, ma il ricordo va alle 43 vittime della strage del 14 agosto 2018, Le case abbandonate di via Porro si affacciano sul memoriale, che sta prendendo corpo sotto il viadotto Genova San Giorgio, ormai vicino all’inaugurazione. Poco più in là ancora qualche traccia del “ponte di ferro”, uno dei simboli di questa zona, rimosso nelle scorse settimane. Passare da via Fillak, fermarsi all’ombra del ponte, non lascia indifferenti e il pensiero va alla memoria delle 43 vittime, ma anche all’orgoglio per un’opera che rappresenta uno scatto per una città ferita che si è saputa risollevare. Si cammina con il naso all’insù, quasi ipnotizzati dai fari che lampeggiano a 50 metri di altezza, ma i piedi restano ben saldi a terra a quello che, in alcuni casi, si è dovuto lasciare, e ognuno di quelli che vivono qui, ha una storia da raccontare. «Quello che mi dispiace – spiega Graziella Corsa, che abitava nell’edifico che si affaccia sul memoriale – è non capire che cosa vorranno fare del mio palazzo. L’avessero demolito sarebbe finita lì, ma è in piedi, speriamo che non venga lasciato così, ma che sia usato per qualcosa di utile ». Per molti, però, la prima emozione resta quella dell’incredulità, come racconta Giuseppe Rodinò, uno degli ex abitanti. «Ma poi torno subito alla realtà al pensiero di quei 43 morti che non possiamo dimenticare, e al fatto che questo è successo a pochi metri dalla mia finestra». Sul nuovo ponte, però i pareri sono contrastanti. «A me ha molto emozionato seguire la costruzione – dice Carla Salvatici, che abita a poca distanza – la prima volta che ci sono passata sotto ho avuto il magone, pensando a ciò che era successo, ma l’orgoglio c’è». «L’impatto del ponte nuovo è pazzesco – aggiunge Selene Parisi, una delle prime volontarie – perché se pensiamo all’impatto visivo del Morandi non c’è paragone. E poi è, Continua a leggere su: La Repubblica
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