Fuga obbligata dal lavoro e ingresso nel bacino degli inattivi. I sindacati: “Fondi del Pnrr per tentare un’inversione di tendenza”, In Lombardia il 16,2% delle donne ha lavorato da remoto durante la pandemia Milano – Lo smart working obbligato dalla pandemia ha fatto da argine, ma si è rivelato insufficiente per lavoratrici alle prese con scuole chiuse e bimbi a casa. Le donne che vivono in coppia, con un figlio in età prescolare, hanno segnato nel 2020 una riduzione dell’occupazione di ben 3,9 punti percentuali, passando da un tasso del 63,3% nel 2019 al 59,7% nel 2020. Un segnale preoccupante confermato anche nei primi mesi del 2021, che emerge dagli ultimi dati sul tavolo di Cgil, Cisl e Uil sull’occupazione nella Città metropolitana di Milano e in Lombardia. “Le donne sono uscite dal mercato del lavoro in misura maggiore degli uomini”, spiegano i segretari Luisella Inza (Cgil), Eros Lanzoni (Cisl) e Vincenzo Cesare (Uil). “La sfiducia fra le donne che hanno perso il lavoro, o per cause di forza maggiore o per scelta, è grande: molte hanno smesso di cercarlo e sono uscite dalla categoria delle disoccupate per entrare in quella delle persone inattive”. La proposta dei sindacati è quella di usare una parte dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per “rilanciare e sostenere l’occupazione femminile”. La base di partenza, nel 2019, è un tasso di occupazione femminile che in Lombardia era del 60,4%, di molto superiore della media nazionale (50,1%) ma inferiore a quella europea (63%). Il 19.2% delle donne fra 15 e 34 anni rientrava nel bacino dei cosiddetti Neet, persone che non studiano, non lavorate e non sono impegnate in attività di formazione. Poi la pandemia, che in Lombardia il 2020 ha visto la perdita di 77mila occupati, di cui circa 51mila uomini e 26mila donne. Solo nella Città metropolitana si sono persi 20mila posti di lavoro: un quarto donne e il resto, Continua a leggere su: Ilgiorno.it
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