«Canto le passioni ma credo nella protestaLa musica può ancora cambiare la società», L’amore e la politica. Il primo nelle canzoni, la seconda nelle azioni. John Legend ha due facce. C’è la popstar che appartiene al ristretto club degli EGOT, quello dei vincitori di Emmy, Grammy, Oscar e Tony. E c’è l’attivista che nel 2014 ha lanciato nel 2014 «Free America», una campagna per la riforma del sistema giudiziario e carcerario, e che firma editoriali sui temi del dibattito razziale. È uscito venerdì il suo nuovo album «Bigger Love», un viaggio fra la tradizione del soul e dell’r & b, ai nuovi suoni della musica nera accompagnata dalla sua voce vellutata e dalle collaborazioni con Jhene Aiko, Koffee, Rapsody e Gary Clark Jr. Cosa rappresenta questo «amore più grande» del titolo? «È qualcosa di più ampio dell’amore per la propria compagna o la propria famiglia. Guarda ai valori più ampi dell’umanità, è un amore resiliente, pieno di speranza e ottimistico. “Never Break”, la canzone che chiude il lavoro, è come l’arringa finale: racconta di amore così forte da poter attraversare momenti duri. L’ho scritta due anni fa, ma come molte altre del disco nate tutte prima della pandemia, assume un significato nuovo adesso ». In «Actions» canta che «le azioni parlano più forte delle canzoni d’amore» … «È più importante fare che non soltanto parlare. Curioso però che a dirlo sia uno che ha scritto tante canzoni d’amore ». Ma le azioni sono più forti anche della musica di protesta? «C’è una relazione simbiotica fra artisti e attivisti. Noi siamo spesso ispirati dalle loro proteste e loro dalle nostre canzoni. In questi giorni ho visto molte persone manifestare cantando “Glory”. Common e io l’abbiamo scritta per la colonna sonora di “Selma” (film sulle marce per i diritti civili del 1965 ndr) pensando a Martin Luther King ma anche a eventi più recenti come le proteste di Ferguson o l’omicidio di Trayvon Martin »., Continua a leggere su: Corriere.it
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