Roma, 25 ott. (askanews) – Linda Laura Sabbadini si racconta e racconta i suoi quaranta anni all’Istat nel primo episodio di SGUARDI, il nuovo approfondimento di Askanews a cura di Alessandra Quattrocchi: ‘Contando gli italiani’.
‘Misurare significa riconoscere e ciò che non si misura spesso non esiste nel dibattito pubblico, non entra nelle agende politiche, non viene visto, non viene ascoltato. Ho creduto ogni giorno che la statistica dovesse essere uno strumento di giustizia, cittadinanza e democrazia’ spiega Sabbadini in questo colloquio.
Le influenze familiari (Emma Castelnuovo, il nonno Guido Coen) e le trasformazioni dell’Italia che ha vissuto in presa diretta nella sua carriera all’Istat; l’impatto che ha avuto nella creazione delle statistiche sociali per misurare gli ‘invisibili’ (‘le donne che non venivano considerate, i bambini, gli anziani disabili, i poveri, gli homeless’); le nuove metodologie inventate per documentare queste realtà del nostro paese. E ancora il suo libro ‘Il paese che conta’, da poco uscito, che narra questa avventura; come è cambiata l’Italia e i problemi che continua a vivere l’occupazione femminile.
Più di tutto, la necessità oggi di potenziare l’Istat e di sapere tutti, come cittadini (ma anche come politici e giornalisti, con le responsabilità che ne derivano), quanto sono importanti le cifre in democrazia: perché ‘si è più liberi se si è in grado di distinguere un fake number da un numero che è stato costruito con cura, con qualità, come i numeri ufficiali’, e nessuno dovrebbe travisare i numeri per piegarli alle proprie esigenze.
“CONTANDO GLI ITALIANI”
“Io avevo una nonna matematica, tra l’altro, che insegnava matematica, ma la grande scoperta e la matematica arriva alle medie inferiori con Emma Castelnuovo” racconta Sabbadini. “Perché Emma Castelnuovo diceva che la matematica è logica, creatività. E la matematica è induzione, intuizione e quindi ci faceva divertire con la matematica. Noi fare gli esercizi a casa significava scoprire, scoprire tante cose. Nessuno veniva rimandato. C’era chi andava meglio e chi peggio, come è normale. ma è stata una grande esperienza.
Un ruolo importante nella mia formazione ha avuto la mia famiglia, in particolare mio nonno. Due cose mi ha trasmesso: lui, Guido Coen, era membro del Partito d’Azione e mi diceva sempre noi ebrei dobbiamo sempre ricordarci che dobbiamo stare dalla parte della giustizia e difendere sempre i più deboli, più vulnerabili. E poi aggiungeva, ‘dobbiamo essere sempre pronti che purtroppo nei secoli siamo sempre stati perseguitati. Quindi investi in cultura perché la cultura nessuno te la potrà mai rubare.
IL TEMPIO DEI NUMERI
Sono stata 40 anni all’Istat sui 100 che l’Istat ha vissuto, 40 anni di grandi trasformazioni sociali, 40 anni di grande passione anche di chi ci ha lavorato, di trasformazioni delle metodologie e di tanta, tanta innovazione. Ho fatto tutto, anche la gavetta e avevo fatto la gavetta anche prima perché facevo l’intervistatrice per le strade e questa cosa mi ha aiutato tantissimo a capire come cambiare modo di rilevare le cose. Entro e mi ritrovo in una fase di forte crescita di domanda anche sul cambiamento della società e quindi sento la necessità che le statistiche fossero più vicine ai cittadini e alla trasformazione sociale, perché allora l’istituto era economico centrico.
La statistica sociale significa in primis dare visibilità agli invisibili e mettere al centro le persone con le loro caratteristiche. Gli invisibili erano le donne che non venivano considerate, i bambini, gli anziani disabili, i poveri, gli homeless e su tutti questi bisognava costruire metodologie per rilevarne la qualità della vita. Una metodologia fondamentale è stata quella che abbiamo ricercato, che non esisteva, per misurare la violenza contro le donne, cosa estremamente complessa.
Ci abbiamo messo cinque anni, però con una grande soddisfazione. Non potevi chiedere alle donne se avevano subito violenza: molte non riconoscono la violenza, specie se è del loro partner. E quindi l’obiettivo è stato quello di fare delle domande molto oggettive su tipologie di violenza. Sei stata minacciata? Ti hanno preso a calci? Sei stata schiaffeggiata da tuo marito? E in questo modo le donne si sono aperte. È stata una cosa pazzesca perché il 90% di queste violenze era prima sommerso. + ‘Quindi dare visibilità ha significato fare i conti con un problema che riguardava 6 milioni mezzo di donne, quanto a violenza fisica e sessuale nel 2006, e arrivavamo a 10 milioni se consideravamo pure la violenza psicologica.
L’ITALIA CHE CAMBIA
Ho scritto il mio libro ‘Il paese che conta’ perché ho voluto raccontare questa avventura. Un’avventura nelle statistiche dove racconto tutto quello che abbiamo fatto, perché poi non l’ho fatto solo io, con tante persone appassionate e scoprendo quello che succede all’interno del nostro Paese per anni e anni, dando visibilità agli invisibili e con un linguaggio molto semplice che permette di capire i numeri anche se uno ha problemi pensa di avere perché molto spesso pensiamo di avere problemi con i numeri.
I dati, le statistiche rompono stereotipi. Per esempio, non vi immaginereste mai che 3 milioni e mezzo di uomini fanno la maglia o ricamano nel tempo libero perché gli piace. E che addirittura sono cresciuti da 400.000 che erano in vent’anni, mentre le donne sono diminuite. Certo, le donne lo fanno molto di più.
L’Italia ovviamente è cambiata, è cambiata molto, perché è cresciuta la presenza femminile nel mondo del lavoro, soprattutto a partire dal 1995. Dopo la recessione, fino al 2008 c’è stata una crescita continua. Dal 2008, però a oggi non siamo più a quei a quei ritmi di crescita. Anzi le donne si trovano in difficoltà. Sta crescendo l’occupazione, ma non ai ritmi di cui ci sarebbe bisogno e soprattutto noi siamo ultimi, ultimi come occupazione femminile in Europa, tra gli ultimi anche nei paesi OCSE quasi 1/2 delle donne non lavora e questo significa che non è autonoma economicamente e nello stesso tempo è anche più esposta a violenza domestica. Perché se per una donna occupata è già difficile rompere una relazione in presenza di violenza, figuriamoci per chi non ha un’autonomia economica.
STATISTICA CONTRO FAKE NUMBER
L’Istat è una grande istituzione di ricerca scientifica e ha bisogno però di un grande supporto da parte del Parlamento che deve capire che sta passando il periodo più difficile della sua storia in termini di risorse e che ha bisogno di un grande investimento di cambio generazionale e dell’inserimento di nuove professioni. Non si può più aspettare. La politica spesso non valorizza i dati statistici come dovrebbe, nel senso che dovrebbe dare la priorità a comprendere la società sulla base di questi dati, piuttosto che andare alla ricerca di quei dati che servono a giustificare e a sottolineare i propri risultati.
La popolazione deve riuscire ad avere competenze perlomeno di base e capacità critica, altrimenti non può più essere libera. Deve avere la capacità di rapportarsi a questi dati e saperli leggere. Questo è un obiettivo che ognuno di noi si deve dare, ma è un obiettivo che dobbiamo adottare complessivamente, come società democratica: si è più liberi se si è in grado di distinguere un fake number da un numero che è stato costruito con cura, con qualità, come i numeri ufficiali.
La stampa, e i media in generale, è bene che valorizzino di più questi dati e che crescano anche loro di più nelle competenze, perché loro sono un canale fondamentale nei confronti del complesso dei cittadini. Quindi più cresce il loro livello, più è possibile che la statistica penetri nella popolazione.
Purtroppo ci sono casi di intromissione nelle statistiche ufficiali che devono essere assolutamente indipendenti. Uno di questi casi è molto recente. È quello che è successo negli Stati Uniti quando è stata licenziata la direttrice del Bureau of Labor Statistics, che è una grande statistica e per di più è una donna che era stata votata persino dal vicepresidente di Trump e nello stesso tempo da Rubio. La statistica deve essere indipendente e non è possibile licenziare semplicemente perché i dati non piacciono.
LA CIFRA DELLE DONNE
Ho avuto molte soddisfazioni nella mia carriera, intanto nei risultati raggiunti proprio come cose che venivano misurate e poi nello stesso tempo come soddisfazioni personali, carriera molto veloce, alcune più di altre però, e la prima è sicuramente quando ho ricevuto l’onorificenza prima di Commendatore della Repubblica da Ciampi e poi di grande ufficiale della Repubblica da parte di Mattarella. Un riconoscimento pazzesco che non mi aspettavo perché è un riconoscimento di un lavoro svolto. Poi quando sono diventata Chair del Women Twenty, quindi a capo di tutte le donne del G20, dell’associazionismo, del G20, quando c’è stata la presidenza italiana, quella è stata un altro momento di grande emozione, anche perché molte delle cose che abbiamo chiesto furono assunte dai leader del G20.
Quindi è stata una esperienza eccezionale e per certi versi la continuazione anche nel lavoro di quello che era il mio essere perché io ero stata femminista, continuavo a esserlo, continuo a esserlo e sono in prima fila sempre nella battaglia per le donne.
Alle ragazzine che vogliono studiare la scienza dico che è una cosa affascinante, di non mollare assolutamente. E anche chi vuole sviluppare invece aspetti che ritiene essere più creative, la scienza serve sempre quindi non vi fate bloccare da cattivi insegnamenti, metodi antiquati, andate avanti, le competenze scientifiche servono a tutto.



