Milano, 24 ott. (askanews) – Mantenere la bandiera del “riformismo” all’interno del Pd; coltivare ancora l’ambizione di “parlare a tutto il Paese”, non solo alla propria “curva”; evitare, come minoranza interna del partito, di rimanere schiacciati tra la linea della segretaria Elly Schlein e tutte le iniziative che – al di fuori del Pd – stanno provando a intestarsi il brand “riformista”. A Milano, su queste parole d’ordine, si ritrovano Lorenzo Guerini, Pina Picierno, Graziano Delrio. E poi Giorgio Gori, Lia Quartapelle, Marianna Madia, Paola De Micheli, Simona Malpezzi, Filippo Sensi, Emanuele Fiano. E Sandra Zampa, che dal palco porta il saluto di Romano Prodi.
Non c’è Paolo Gentiloni, “ma solo perchè impegnato a Berlino”, assicurano. Sceglie di non esserci invece Alessandro Alfieri. E ovviamente non c’è Stefano Bonaccini, volto della minoranza all’ultimo congresso: “Ma ormai non ci rappresenta più”, dicono i presenti. La leadership di Schlein però al momento “non è in discussione” assicura Guerini, spiegando che “la discussione interna non è divisione, il confronto non è una spaccatura, l’alternativa ai partiti che discutono è il partito del leader che nasce e muore col leader”. Elly Schlein da Roma risponde così: “Benissimo la discussione interna ad un partito che è democratico, restiamo adesso concentrati sulla manovra e sulle campagne elettorali delle regionali in cui si vota tra un mese”.
Ecco allora la prima necessità di chi nel Pd non si riconosce nella linea Schlein: “Riprendere la parola”, dice Guerini; dimostrare che il riformismo è di casa nel Pd e “non può essere esternalizzato a partitini nati in laboratorio”, spiega Gori. L’ambizione è quella di “parlare a tutta l’Italia”, certamente insieme a una coalizione, ma con il Pd perno centrale, forte della sua identità. Un Pd che, spiega Guerini introducendo i lavori, deve “assolvere alla sua funzione storica” offrendo agli italiani la sicurezza di un “profilo di governo, di responsabilità”.
Solo così dall’unità costruita “con capacità e generosità” da Schlein, si può arrivare ad una “reale e credibile alternativa di governo”. Affrontando con il Movimento 5 stelle i temi più spinosi, a partire dalla politica internazionale: “Nessuna ambiguità sull’Ucraina, e scelte chiare a livello europeo”, scandisce Guerini. Esito possibile, assicurano i presenti, perchè “Conte è pragmatico, e già da premier, quando si è dovuto fare, ha aumentato le spese per la difesa”. E se il leader del M5s condiziona l’alleanza col Pd all’accordo sul programma, Delrio ribatte: “Siamo assolutamente d’accordo, alleati solo se i programmi coincidono: la penso come Conte”.
Dunque ridare visibilità alla minoranza Dem, senza però – assicura ancora Guerini – “mettere in discussione la leadership di Schlein”. Per quello servirebbe il congresso, che però “si terrà nei tempi previsti dallo statuto”. L’unica a pronunciare la parola congresso dal palco è Picierno: “Non abbiamo paura di discutere e di confrontarci, abbiamo ancora voglia di lottare per il Pd che siamo nati per essere: libero, forte, riformista”. Mentre anche la maggioranza si muove, con l’appuntamento in progamma a fine novembre a Montepulciano delle tre aree che hanno sostenuto la Schlein alle ultime assise. E allora, se si decidesse di anticiparlo rispetto ai tempi previsti, la minoranza si farebbe trovare pronta, con un proprio candidato. Felice di potersi confrontare sulla linea, di proseguire quel confronto “per il Pd e nel Pd, che rafforza il Pd e l’alternativa alla destra”, dice ancora Guerini. E di certificare anche nelle percentuali il peso dell’area, in vista della composizione delle liste.



