Gio 16 Gennaio 2025
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Quanta rabbia radicale nelle lettere di Beckett

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Quanta rabbia radicale nelle lettere di Beckett 24 Giugno 2021 – 08:16 0 Ã?? sempre interessante leggere gli episolari dei grandi scrittori, per scoprire quanto si abbia del passato un’idea…, È sempre interessante leggere gli epistolari dei grandi scrittori, per scoprire quanto si abbia del passato un’idea idealizzata, mentre non sono mai state rose e fiori, anzi. In genere, da Flaubert a Proust, da Joyce a Gadda, tutto il contrario di quello che succede con i nostri scrittorini in lizza per il famoso premio (li cito sempre, per darvi un termine di paragone, come quando Elon Musk per mostrare quanto è alta la sua astronave Starship fa notare quanto sono piccoli gli uomini sotto, quasi invisibili), che si recensiscono tra loro sui quotidiani più letti e non solo sono innocui, sono tutti interscambiabili, uno vale l’altro, come i grillini.A volte con esiti comici, come la lagna femminista cantata in coro da la Murgia alla Valerio alla Lagioia per l’esclusione di Teresa Ciabatti dalla cinquina dello Strega, e l’autrice che si definisce «un’anomalia della letteratura italiana» (forse con qualche ragione, ma nel senso: un’anomalia nello scrivere un banale romanzo da Strega, fare di tutto per vincere il premio, essere la favorita del solito gruppetto, e poi non vincerlo). Poi leggiamo le vere anomalie, cioè i geni, e ci rendiamo conto quanto siano ridicoli questi balletti di impiegati e casalinghe narrative in carriera.Tanto per farsene un’idea, di un’anomalia vera, e salire dalle stalle alle stelle, è appena uscito il secondo volume delle lettere di Samuel Beckett (edito da Adelphi), che copre il periodo dal 1941 al 1956, anni in cui Beckett pubblica le sue opere più famose (e sarà sempre indisponibile a ricevere premi, perfino il Nobel fu da lui definito « una catastrofe»), ma anche anni pieni di tormenti, contrasti editoriali, esistenziali, intransigenze, che solo un genio può permettersi di avere. Con molte censure, tanto anche per smentire l’idea di una Francia sempre apertissima e popolata di intellettuali illuminati. Non era illuminato,, Continua a leggere su: Ilgiornale.it

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