La scultura inaugurata oggi è un simbolo delle atrocità commesse dal generale tedesco in Africa. La via tedesca al revisionismo sui falsi eroi del passato è un esempio per tutti ?, L’artista Rainer Jooss e la scultura che viene inaugurata oggi davanti al monumento al generale Rommel nella città natale di Heidenheim Dal nostro corrispondente BERLINO – «Verticale / Cavalleresco / Valoroso / Fino alla sua morte / Vittima della violenza del terrore». C’è scritto così sul monolite in pietra calcarea, che ad Heidenheim, non lontano da Stoccarda, ricorda Erwin Rommel, nato nella cittadina del Baden-Wuerttemberg nel 1891. Rommel, il più celebre dei generali di Hitler, la «volpe del deserto» che per due anni tenne in scacco le truppe britanniche in Nord Africa, salvo poi soccombere nella battaglia di el Alamein nel novembre 1942 e capitolare nella primavera successiva. Così popolare fra i soldati della Wehrmacht, anche grazie alla costruzione del personaggio fatto dal mago della propaganda Joseph Goebbels, che quando nel 1944 Hitler scoprì che era parte dell’Operazione Valchiria, il fallito attentato al Führer di von Stauffenberg, non lo fece uccidere. Gli mandò invece a casa due ufficiali con una fiala di cianuro, costringendolo a suicidarsi, tributandogli poi anche un funerale da eroe. Milioni di mine In realtà, Rommel non era fra i congiurati, ma sapeva e non li denunciò. Questo gli costò la vita e gli salvò la reputazione, iscrivendolo per sempre fra i resistenti del 20 luglio. Ancora oggi, oltre al monumento di Heidenheim, esistono due caserme della Bundeswehr, l’esercito della Repubblica Federale, intitolate al suo nome. La revisione storica su Rommel è iniziata da anni. Lavori scientifici hanno dimostrato che il feldmaresciallo non solo ebbe nulla a che fare con la resistenza al nazismo, ma che anche i giudizi sulla sua condotta militare (di cui alla lapide) sono del tutto fuori luogo. Certo non furono cavalleresche le milioni di mine che disseminò nel deserto nordafricano e che fecero decine di migliaia di vittime civili. Soprattutto nei dintorni di el Alamein, tra il maggio e il, Continua a leggere su: Corriere.it
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