L’errore nella prima edizione del quotidiano è stato poi corretto. Ironia sui social. “Il principe dei refusi. Chiedete subito scusa al Fundadór. Visto oggi a pagina 25, prima edizione del…, L’errore nella prima edizione del quotidiano è stato poi corretto. Ironia sui social. “Il principe dei refusi. Chiedete subito scusa al Fundadór. Visto oggi a pagina 25, prima edizione del giornale”, twitta PazzoperRepubblica, l’account di autoproclamati “feticisti” della testata di FQ | 20 Luglio 2020 Eugenio Scalfari diventa “Eugeni“. E non è un refuso della concorrenza ma proprio del giornale che da Scalfari è stato fondato e diretto per un ventennio. Oggi, infatti, una pagina 25 della prima edizione del quotidiano La Repubblica, in apertura di un articolo dedicato a Giulia Maria Crespi, la firma del fondatore è stata storpiata in “Eugeni Scalfari“. “La Signora del Novecento”, è il titolo scelto per il ricordo reso dal noto giornalista sulla Crespi, scomparsa nelle scorse ore. Su Twitter, però, numerosi utenti hanno fatto poco caso al contenuto dell’articolo, concentrandosi sulla firma “inedita”: “Il principe dei refusi. Chiedete subito scusa al Fundadór. Visto oggi a pagina 25, prima edizione del giornale ”scrive PazzoperRepubblica, il noto account di autoproclamati“ feticisti ”della testata. Il principe dei refusi. Chiedete subito scusa al Fundadór. Visto oggi a pagina 25, prima edizione del giornale. (Materiale fornito da @LiberoPetrucci). pic.twitter.com/EjCfYqXvot – PazzoPerRepubblica (@pazzoperrep) 20 luglio 2020 L’account cita un altro utente, Libero Petrucci, come fonte. Il quale dal suo profilo posta la foto della pagina con refuso: “Un tocco di esotismo per il Fundadòr“. L’errore è stato corretto nelle edizioni successive del quotidiano cartaceo, ma ha fatto in tempo a rimbalzare sui social network. Scalfari, come è noto, ha condato Repubblica nel 1976 portandola, in un ventennio di direzione, un diventare tra i principali quotidiani italiani. Sostieni ilfattoquotidiano.it: mai come in questo momento abbiamo bisogno di te. In queste settimane di pandemia noi giornalisti, se facciamo con coscienza il nostro lavoro, svolgiamo un servizio pubblico. Anche per questo, Continua a leggere su: Ilfattoquotidiano.it
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