Roma, 31 ott. (askanews) – Domenica 2 novembre esce “Il Vangelo secondo Pier Paolo”, la nuova canzone dei Têtes de Bois, pubblicato a cinquant’anni esatti dalla scomparsa di Pier Paolo Pasolini. Un omaggio musicale e poetico che intreccia memoria, visione e geografia affettiva.
Un brano che si fa viaggio tra i cieli del Friuli, tra la pianura e i sobborghi, tra le ombre del passato e la luce ostinata del presente, dove ogni pietra, ogni voce sembra ancora parlare di lui. Un cammino reso possibile da incontri straordinari, con persone e luoghi che custodiscono la memoria di Pasolini: Ezio Vendrame, il calciatore poeta; le ragazze friulane che offrirono mele e acqua ai deportati diretti ai lager; le tappe del Giro d’Italia vissute con Sergio Staino e la sosta davanti alla tomba di Pier Paolo. Fino a Barile, la Betlemme lucana, dove Il Vangelo secondo Matteo continua a risuonare come una preghiera laica, sospesa tra terra e cielo.
“Conosco i cieli lunghi del Friuli – racconta Andrea Satta parlando del nuovo brano – Sono stato amico di Ezio Vendrame, il calciatore geniale di Napoli e Lanerossi, quello che, mentre si stava avviando, palla al piede, verso la porta avversaria, vide Piero Ciampi in tribuna, lasciò andare il pallone al suo rotolare e corse a salutarlo, quello che ce l’aveva con l’amore che gli faceva male. Un poligono irregolare, Ezio, e di poligoni regolari in Friuli purtroppo ce ne sono, ma solo per sparare. Lui era un cerchio con gli spigoli, due scarpe sinistre, un poeta degli spicchi neri e bianchi del pallone e in quelli bianchi, sporchi di erba, scriveva. Conosco i cieli del Friuli perché una volta un altro Andrea mi portò alla fine della pianura, ai piedi delle Alpi, e mi fece incontrare le ragazze che sessant’anni prima avevano rischiato le loro fragili vite di adolescenti per offrire mele e acqua ai deportati destinati ai lager nazisti, appuntandosi nomi e indirizzi cui dare una speranza, urlati dall’interno dei vagoni piombati verso il nulla. E quei cieli li conosco perché nel 2009, nel Giro d’Italia di ciclismo che ci divertimmo a vivere per L’Unità, si andava con Staino a incontrare i vivi e i morti che avevamo a cuore: Carlo Scarpa alla tomba di Brion, a casa di Marco Paolini, a casa di Tonino Guerra, alla tomba di Pier Paolo. A veglia, a guardia, della tomba solo una rosa bianca di plastica e una lampada epilettica, ora si-ora no, tanto precaria quanto inutile sofferenza con il sole di maggio. Ci guardammo con Anna e il suo occhio azzurro punk e con Bruna-Bibi, lì con noi con la sua eleganza andina”.
“Quei cieli lunghi – prosegue Satta – li ho ritrovati in Basilicata, nel 2014, con mia moglie Timi, Maurizio e i ragazzi di Barile, il paesino disteso come un vecchio insonne sul vulcano del Vulture e il profilo di camaleonte rivolto alle nuvole e alle stelle. Era un anniversario tondo del Vangelo secondo Matteo e Barile, nel film, era stata Betlemme. Con noi Furio Colombo, che a Pasolini aveva fatto l’ultima intervista, la Madonna adolescente di allora che, ormai adulta, quel bambino di paese cullava come un Dio cui far prendere sonno. C’erano Giovanna Marini e il Lamento di Pasolini. I cieli lunghi del Friuli che l’anima conserva ovunque. Quei cieli, con la complicità del vento, si riaffacciano ancora oggi a geometrie variabili, fra i tabù dei platani e le greggi di ragazzi del sabato sera, i tetti distratti da assonanti e stilizzate grondaie in rame e nuove ristrutturazioni, fast generation al Pigneto. Più larghi e sereni quei cieli li puoi vedere, però solitari, a pochi passi da lì, fra gli archi del Mandrione, ben più sinceri, nella Roma popolare dove da bambino non dovevo superare il ponticello che dopo era pericoloso e mai avvertimento di mamma fu più trasgredito”.
“In quei paraggi viveva Tarzanetto, uno dei ragazzi di vita di Pasolini. Il ragazzetto che si lanciava dagli alberi nelle marrane e nelle zanzare che ora insieme a lui, vengono a casa nostra preparare le patate in padella. Ci fu in estate di patate e zanzare. Nei cieli trasferiti sopra a Villa Gordiani, però ho visto il fantasma di Pier Paolo giocare a pallone. Era lui, ne sono certo, tanti anni dopo e tanti anni fa, quando ci andavo io in quel campo di fantasmi con gli amici a giocare. Potrei dirvi come la partita andò a finire, ma il mio sogno sarebbe farlo attraverso una appassionata radiocronaca di Francesco Repice”, conclude.



