Dom 13 Ottobre 2024
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Torino, è morto Sergio Vatta, il mago delle giovanili granata. Fu lui a scoprire Vieri

Notizie dal webTorino, è morto Sergio Vatta, il mago delle giovanili granata. Fu lui a scoprire Vieri

A 83 anni si è spento un pilastro della storia del club. Fu lui a scoprire i giocatori del calibro di Christian Vieri, Gianluigi Lentini, Roberto Cravero, Dino Baggio, Antonio Comi e…, TORINO – Mai visto un simile maestro di calcio. Mai conosciuto un tale costruttore di giocatori, talenti e uomini. Sergio Vatta era un allenatore di persone, un tattico evoluto e raffinato, un padre, un nonno. E ‘morto a 83 anni dopo essere stato aggredito dall’Alzheimer, che ha spento poco a poco il suo meraviglioso cervello ma non il senso di una vita tutta dedicata allo sport. La sua casa era il campo Filadelfia, dove Vatta ha scovato, allevato e consegnato al football personaggi che si chiamano Lentini, Cravero, Fuser, Vieri, Mandorlini, Cois, Pancaro, Rambaudi, Dino Baggio e ne dimentichiamo moltissimi. Calciatori che hanno dato anima e corpo all’idea del Toro ancor prima che ai risultati in campo, i tornei di Viareggio, i campionati Primavera, le Coppe Italia, persino quella finale di Coppa Uefa con Mondonico che alza la sedia ad Amsterdam alla guida di una squadra che aveva molto di Vatta e del suo magistero. Fu tra i primi a lavorare con lo psicologo. “L’intesa tra noi era perfetta”, ricorda il dottor Vincenzo Prunelli, che con Vatta ha scritto libri e aiutato generazioni di giovani atleti, compresi i loro genitori, a volte i più difficili da allenare. “Con Sergio era il chiodo fisso dell’autonomia: i ragazzi dovevano imparare a cavarsela da soli, e guai se abbandonavano gli studi per il pallone. Arrivare al diploma era obiettivo minimo, le partite cercate dopo”. E non era permessa la cattiveria gratuita: “Al prossimo fallo vai fuori, diceva Sergio a chi faceva troppo il furbo. Una volta, uno dei ragazzi ha risposto: mister, ha già fatto tutti i cambi. Vatta lo guardò e gli disse, gelido: fuori! Giocò in dieci, senza quel tipetto arrogante, e vinse lo stesso “. Dopo essere stato sulle panchine del nobile Piemonte del calcio – Ivrea, Casale, Vercelli – passò al, Continua a leggere su: La Repubblica

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