, Caro Aldo, la signora Crespi era una donna colta, raffinata, che amava il bello e si riempiva gli occhi di bellezza … Lei l’ha mai incontrata? Maria Cristina Bianchi Milano Cara Maria Cristina, L’ho incontrata una volta sola, ma ne conservo un ricordo affettuoso, che metto volentieri in comune con i lettori. Era il 2003, ero appena arrivato al Corriere, e il direttore, Stefano Folli, mi chiese una serie di interviste che volle chiamare «Incontri in Italia». Uno dei primi nomi cui pensai fu quello di Giulia Maria Crespi. Lei accettò, a una condizione: non parlare del Corriere. Passai nella sua bella casa di corso Venezia tre ore; come può immaginare, gentile signora Bianchi, per almeno due ore e mezza parlammo del Corriere. Per questo motivo l’intervista non la scrissi mai. Ovviamente le chiesi del caso Montanelli. Lei tentò di derubricarlo a uno scontro tra il grande Indro e un altro grande giornalista, Piero Ottone. Siccome Ottone era il direttore che la signora Crespi aveva scelto, lei – era stata la spiegazione – non poteva che schierarsi dalla sua parte. Ebbi però la netta impressione che le cose non fossero così semplici. In realtà, tra Giulia Maria e Indro c’era un’incomprensione anche generazionale. Montanelli era amico di suo padre Aldo: spesso pranzavano insieme; e una volta che il giornalista aveva scritto «noi non siamo salariati di Crespi, sono i Crespi a essere salariati da noi», al momento del conto l’editore glielo passò con un sorrisetto: «Visto che sono un suo salariato…». Inoltre, Aldo Crespi trattava Montanelli come un notabile, lo avvertiva ad esempio prima di annunciare i cambi di direzione. Lo stile di sua figlia era diverso. Anche se ebbi la sensazione che la sua vera bestia nera fosse Enzo Bettiza, che nel pamphlet «Via Solferino» aveva scritto di lei un, Continua a leggere su: Corriere.it
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