Mar 30 Settembre 2025
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Vino, Oltrepò Pavese: al via fase nuova con Classese e Statuto innovativo

AttualitàVino, Oltrepò Pavese: al via fase nuova con Classese e Statuto innovativo

Milano, 30 set. (askanews) – L’Oltrepò Pavese riparte dal Classese (‘Classico pavese’), marchio collettivo nato nel 1984 assieme all’associazione dei produttori (esterna al Consorzio), che ebbe come primo presidente Carlo Boatti di Monsupello, ‘Tango’, che grazie al Pinot Nero e alle sue bollicine più nobili fu motore della rinascita dell’azienda fondata a Torricella Verzate nel 1893. Oggi, dopo un anno e mezzo di ragionamenti e discussioni all’interno del Consorzio, l’idea di riprendere questo marchio è diventata realtà, insieme con un nuovo Statuto che, riequilibrando l’annoso tema della rappresentanza, si propone de facto come un modello per l’intero sistema consortile italiano.

‘L’idea di fondo c’era già da anni, infatti anche le modifiche al Disciplinare che abbiamo votato vengono da un lavoro iniziato nel 2019. Il Classese aveva obiettivi simili a quelli di oggi: tutelare l’eccellenza del Metodo Classico Oltrepadano a base Pinot Nero. All’epoca esisteva una sola Denominazione, Oltrepò Pavese, che includeva tutto, anche il Metodo Classico’ racconta ad askanews Riccardo Binda, direttore del Consorzio di Tutela Vini Oltrepò Pavese, sottolineando che ‘era un progetto lungimirante, in linea con quanto stava accadendo altrove: il Trentodoc era in fase di sviluppo, la Franciacorta e l’Oltrepò seguiva la stessa strada, anzi per certi versi era preso a modello’ ricorda Binda, rimarcando che ‘noi lo abbiamo ripreso perché è l’unico termine storico che abbiamo: non ce lo siamo inventati, ha basi solide. Oggi però la differenza è grande: non è più un marchio collettivo esterno ma un progetto votato dal Consorzio con il 98% di consenso. Non è solo un marchio ma un percorso che punta a farlo diventare prima menzione tradizionale e poi nome della Docg’.

Perché si è arrivati a rilanciare il Classese? ‘Perché l’obiettivo del Consorzio è valorizzare il territorio dell’Oltrepò Pavese e per farlo bisogna passare dai suoi prodotti. Il Metodo Classico è il più storico: quest’anno celebriamo i 160 anni, anche se il Pinot Nero era arrivato già vent’anni prima’ replica Binda, aggiungendo che ‘è il vino con maggiori marginalità per i produttori e quello che funziona meglio nei mercati. Per questo crediamo che il Metodo Classico sia la chiave per riportare valore al territorio, pur senza rinunciare a valorizzare anche le altre tipologie’.

L’approvazione dello statuto del Consorzio è un passaggio cruciale. ‘Sì, è forse la cosa più importante dal punto di vista vitivinicolo ed è stato approvato al 98%, senza contrari, solo con un 2% di astenuti. Un’intesa così ampia su un tema così delicato è un segnale forte, il simbolo migliore del cambio di passo dell’Oltrepò. E’ il tema che può far meglio sperare per il futuro di questo territorio, che c’è stato un cambio di mentalità’ dichiara Binda, precisando che dal punto di vista pratico ‘risolve molti problemi legati alla rappresentanza nei Consorzi: di solito pochi soggetti decidono le strategie sulla base dei quantitativi prodotti. Con il nuovo statuto – continua il direttore parlando ad askanews – abbiamo introdotto tre criteri fondamentali: premiare chi fa la filiera completa, garantire un peso minimo anche alle piccole aziende e riequilibrare la rappresentanza per evitare eccessive concentrazioni. Il ministero lo ha approvato e credo possa essere un modello anche per altri territori, dato che diversi Consorzi ci hanno chiesto informazioni’.

C’è la questione spinosa degli imbottigliatori: nel 2024 cinque consiglieri sono usciti dal Cda e nove aziende hanno lasciato il Consorzio. ‘Nessuno è contro gli imbottigliatori, che esistono ovunque e svolgono un ruolo importante. C’è la massima apertura al dialogo. Il problema era un modello di territorio incentrato sul sistema cooperativo che non funzionava’ dice Binda, evidenziando che ‘volevamo segnare uno stop a un meccanismo fallimentare che aveva portato a un valore dei vigneti troppo basso, 20mila euro all’ettaro, addirittura meno di una risaia. Era chiaro che le cose erano sbagliate. Ora la prospettiva è diversa – chiosa – ma prima o poi anche gli imbottigliatori dovranno essere parte dell’equazione, servirà trovare un’unità di intenti’.

Anche quella di Terre d’Oltrepò è una situazione delicata. ‘Terre è il primo contribuente del Consorzio perché è quello che rivendica di più. Se avrà problemi economici ci potranno essere ricadute ma se la produzione sarà assorbita da più soggetti la quota potrà restare invariata. Sono dinamiche che al momento non si possono prevedere. Oggi abbiamo un dialogo aperto con Regione Lombardia, con il ministero e con il commissario Luigi Zingone che si è dimostrato molto disponibile: ci ha confermato che non è venuto per liquidare e si è impegnato a pagare ai soci la raccolta di questo anno. Siamo sicuri che quello che potrà essere fatto lo faranno, le priorità ora sono lavoratori e soci, non la quota del Consorzio. Nel frattempo stanno vendemmiando, anche se le rese di questa raccolta saranno probabilmente inferiori rispetto al passato’.

E per quanto riguarda l”erga omnes’? ‘Nel luglio scorso abbiamo ricevuto il rinnovo triennale dal ministero, confermato al 1 settembre dopo ulteriori verifiche. Nel frattempo la rappresentanza è persino aumentata grazie all’ingresso di Spa di Terre (costituita a inizio anno), che prima ovviamente non era socia’ spiega l’esperto vogherese classe 1986, aggiungendo che ‘per quanto riguarda la rappresentanza, il nuovo regolamento europeo sulle IG uscito lo scorso anno prevede che il calcolo non sia più solo sui quantitativi prodotti ma anche sulle teste. Quando verrà applicato, perché l’Italia non potrà esimersi dall’assorbirlo, questo aiuterà molto territori come l’Oltrepò, che ha avuto sempre tante teste ma non la produzione, come ad esempio l’Igp Pavia che è in mano a tre-quattro soggetti che fanno il grosso della produzione. In futuro – conclude – potrà rimanere come adesso o si potranno contare le teste’.

Nell’Oltrepò c’è da sempre un tema di produzione. ‘Sui quantitativi dipende molto dalle tipologie: il Metodo Classico è sotto il suo potenziale e va incrementato. Altre produzioni sono in calo: la Bonarda, ad esempio, è scesa da 25 a 14 mln di bottiglie in circa quattro anni, quindi è evidente che c’è una crisi di alcune tipologie e per questo, sia per il valore dei terreni che per la congiuntura di mercato, sarebbe opportuno per il territorio in generale ridurre la produzione per posizionare meglio alcuni vini’ dice Binda, mettendo in luce che ‘non è facile ma è una situazione che dovremo risolvere insieme con la Regione e le associazioni di categoria. Una strada può essere la riduzione delle rese, ad esempio per l’Igt, un’altra gli espianti: non è bello parlare di espianti ma può essere uno strumento per andare avanti e creare maggior valore, come del resto è già avvenuto nella regione più storica e importante del mondo per il vino come Bordeaux. Ne hanno parlato anche Frescobaldi e Cotarella, dunque non è più un tabù, ma per farlo servono milioni di euro che devono arrivare dall’Europa’.

Quali saranno i vostri prossimi passi? ‘Innanzitutto portare a termine l’iter burocratico: spero che il Disciplinare sia approvato entro la vendemmia 2026. Per il nome, c’è il percorso della menzione tradizionale (che credo siano almeno 15 anni che l’Italia non chiede) ottimisticamente ci vorranno 4 o 5 anni. Intanto, dato che è un marchio collettivo, dal prossimo anno le aziende che vorranno potranno già scrivere ‘Classese’ in etichetta, e nella retro etichetta la Denominazione legale che è ‘Oltrepò Pavese Metodo Classico Pinot Nero Docg’.

E’ passato esattamente un anno da quando sei stato nominato direttore di questo Consorzio, un’anno e mezzo dalla nuova presidenza affidata a Francesca Seralvo (Tenuta Mazzolino). Oggi il Consorzio conta 155 associati diretti, grazie al recente arrivo di 11 nuove Cantine socie, sei soddisfatto del lavoro? ‘Direi di sì, in un anno abbiamo fatto cose che non erano mai state fatte in venti. Non vuol dire adagiarsi sugli allori ma credo che i produttori possono essere contenti. Io stesso non avrei mai immaginato che il territorio potesse affrontare un tema così complesso con un’unità senza precedenti. Non credo che da nessuna altra parte si possa pensare di procedere con una percentuale di voti così alta’ afferma sereno Binda, concludendo ‘quando abbiamo iniziato avevamo chiaro un percorso, con tappe da raggiungere passo per passo. I progressi ci sono ma la strada è ancora lunga: l’Oltrepò ha fatto molti passi falsi e ora servono tanti passi giusti’. (Alessandro Pestalozza)

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